TV SHOW: Mr. Robot

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Titolo: Mr. Robot


Anno: 2015


Ideatore: Sam Esmail


Paese: Stati Uniti


Rete televisiva: USA Network


Rete televisiva italiana: Premium Stories (da marzo 2016)


Stagioni: 1+


Episodi: 10+


Genere: drammatico, thriller


Interpreti principali: Rami Malek, Christian Slater, Portia Doubleday, Carly Chaikin, Martin Wallström


Trama: Elliot Alderson è un giovane programmatore sociofobico che lavora in una ditta di sicurezza informatica che si chiama AllSafe. Vive la sua vita in uno stato di perenne ansia e l’unico modo in cui riesce a rapportarsi con gli altri è entrare nei loro computer e osservare la loro vita attraverso le loro e-mail, i post sui social media e tutte le loro altre tracce digitali.

Elliot viene reclutato da un gruppo di hacker di nome fsociety, il cui leader si fa chiamare Mr. Robot.


Voto: 9/10


Commenti: Ho sentimenti contrastanti su questa serie. Da una parte mi è piaciuta davvero tanto e ho guardato tutti e dieci gli episodi in pochi giorni. Dall’altra sono rimasta un po’ perplessa dallo sviluppo della trama.

Il pilot è un capolavoro, secondo me. Mi ha fatto venire voglia di guardare tutto il telefilm, perché dovevo scoprire come andava a finire.

Però diciamo che se non fosse già stato rinnovato per una seconda stagione e fosse finito in quel modo (non preoccupatevi, no spoiler), il mio voto sarebbe stato ben diverso. Nell’episodio finale hanno lasciato moltissime, troppe domande in sospeso e spero che nella seconda stagione diano qualche risposta in più.

In ogni caso ho trovato questo telefilm molto piacevole da guardare. Parla di temi attuali, ogni episodio fa venire voglia di guardare quello successivo (e quello ancora successivo, fino all’ultimo), la suspense è parecchia e ci sono anche un paio di colpi di scena che non mi aspettavo.

Ciò che ho preferito, però, è stata la performance di Rami Malek, il protagonista della serie televisiva. L’ho trovato un ottimo attore (tanto da andare a cercare delle sue interviste per capire se quello fosse davvero il suo modo di parlare o se si trattasse del suo personaggio) e penso che sia riuscito a rendere Elliot alla perfezione.

Un’altra performance stellare credo che sia stata quella di Christian Slater, nel ruolo di Mr. Robot (non a caso ha appena vinto un Golden Globe per quella parte).

Inoltre, se avete seguito Suburgatory conoscerete sicuramente già Carly Chaikin, che in questo telefilm interpreta un personaggio completamente opposto a quello di Dalia Royce.

Ultima nota positiva: la caratterizzazione dei personaggi. Gli scrittori di questa serie (e anche gli attori) sono stati in grado di renderli tutti umani, “veri.” Nessuno di loro è troppo perfetto o plastico, come invece succede in altri telefilm, il che mi ha fatto appassionare ancora di più alle loro vicende.

In generale direi che consiglio questa serie a tutte le persone che amano telefilm drammatici in cui la tecnologia è la protagonista (se non siete minimamente interessati all’informatica o agli hacker rischiereste di trovarlo noioso).

A me è piaciuta e attendo con ansia i nuovi episodi per rituffarmi nel mondo di Elliot Alderson.

Il blog con la crisi d’identità

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Questa mattina mi sono svegliata convinta che fosse martedì ed ero già pronta a pubblicare un nuovo capitolo della mia storia su EFP, ma poi mi sono fermata un secondo e ho realizzato che è venerdì. Normale, visto che ieri ero sicura che fosse lunedì. Tutte queste feste mi hanno leggermente confusa e per me la prima settimana di gennaio è sempre stata strana, caratterizzata da momenti in cui cerco disperatamente un calendario.

L’altro giorno, di ritorno da un pomeriggio di shopping, mia sorella mi ha portato un regalo graditissimo: un diario dei film in cui posso scrivere recensioni di tutto quello che vedo.

L’idea mi è piaciuta così tanto che ho deciso di acquistare anche quello dei libri di Moleskine (che ho ordinato ieri e mi arriverà a breve, suppongo).

Non sono mai stata una di quelle persone che fanno recensioni di tutto, principalmente perché ho sempre fatto fatica a scriverle. Non che io non abbia opinioni su quello che vedo o leggo, ma per qualche strano motivo mi sento in imbarazzo a pubblicarle online.

Così ho deciso di cominciare a scriverle per me, in modo che alla fine dell’anno potrò ricordarmi cos’ho visto, cos’ho letto e cosa mi è piaciuto di più.

Sto cercando di convincermi a pubblicarle sul blog, anche perché sono giorni che sto riflettendo su come utilizzarlo.

Me lo sono sempre chiesta e all’inizio avevo pensato di scrivere un post al giorno (e come sapete tutti ho fallito miseramente), ma poi mi sono resa conto che è inutile obbligarsi a scrivere qualcosa tutti i giorni, perché non sempre si ha il tempo di sedersi e fare le cose con calma.

Ho anche riflettuto sull’idea di farlo diventare il mio diario personale, ma l’ho abbandonata subito per due motivi principali: a) sono una persona abbastanza riservata e b) la mia vita non è così interessante da essere pubblicata online (a meno che non vogliate essere messi al corrente di quanti ordini di Etsy faccio in un giorno o di cosa compro durante le mie sessioni di shopping online e non).

Quindi è rimasta la terza opzione, quella originale, cioè quella di far diventare questo blog uno spazio in cui scrivo le mie opinioni sui film e telefilm che guardo, i libri che leggo, la musica che ascolto, le città che visito e varie altre cose.

E magari, ogni tanto, mi piacerebbe pubblicare anche qualche storia che scrivo o aggiornarvi sullo stato del mio Wreck This Journal o della mia nuova ossessione: i libri da colorare da adulti.

Ce la farò? Non lo so.

In teoria non dovrebbe essere così difficile scrivere recensioni. Si danno due o tre informazioni generali su quello di cui si sta parlando e poi si parte con l’opinione: mi è piaciuto perché… non mi è piaciuto perché…

Io ce la metterò tutta per provare a far funzionare questa idea e vedremo come andrà. Dovrò riabituarmi all’idea di pubblicare i miei pensieri senza esserne troppo imbarazzata, ma ci sto già lavorando.

Incrociamo le dita e speriamo di aver finalmente trovato un’identità per questo povero blog.

A presto!
Poppy

2016

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Alla fine di un anno e all’inizio di uno nuovo penso che venga naturale a tutti ripensare ai dodici mesi appena trascorsi. Almeno io sono una di quelle persone e così quest’anno ho deciso di tenere un diario 365 (in questo caso 366, visto che il 2016 è bisestile) in cui inserisco giorno per giorno tutto quello che succede, così alla fine dell’anno potrò riguardare tutto e ricordarmi i film migliori, gli album più belli, i libri che ho preferito, ecc.

Il 2015 è stato un anno particolare. Un anno di cambiamenti (neanche a farlo apposta, la prima canzone che ho sentito nel 2015 è stata “Changing” di Sigma e Paloma Faith, avrei dovuto capire tutto!). E per questo motivo è stato anche un anno caotico, che mi è sembrato lunghissimo e cortissimo nello stesso momento.

Ho cambiato casa. Dopo lunghi mesi di lavori di ristrutturazione, sono riuscita a trasferirmi ad agosto e credo che sia stata la decisione migliore della mia vita. Mi trovo benissimo e mi sembra che tutta la mia vita sia cambiata radicalmente in poco tempo. Mi sento persino come se fossi una persona diversa rispetto a quella che ero all’inizio dell’anno.

Un altro grande cambiamento è stato il lavoro. Ad aprile ho aperto un negozio di adesivi su Etsy, pensando di fare qualcosa di carino per guadagnare qualcosa facendo qualcosa di creativo che amo fare. E invece si è trasformato in un vero e proprio lavoro. Ci sono giorni in cui inizio a fare ordini alle nove del mattino e finisco alle otto di sera. E la cosa più bella? Mi diverto e amo quello che faccio, tanto che non mi sembra nemmeno lavoro. Per non parlare dei giorni in cui progetto nuovi set di adesivi e li disegno. Sono felicissima!

Sappiate che uno dei miei buoni propositi dell’anno è quello di riprendere questo blog e questa volta ci proverò sul serio. Nel frattempo vi lascio con una lista delle cose che ho preferito nel 2015 (parziale, perché non ricordo tutto purtroppo – la prossima lista di cose preferite sarà di sicuro più completa grazie al mio nuovo diario).

PRIMA CANZONE DELL’ANNO: “Changing” Sigma ft. Paloma Faith;
CANZONI NUOVE CHE MI SONO PIACIUTE: “Can’t Feel My Face” di Weeknd, “I Don’t Want To Be Sad” dei Simple Plan, “Hello” di Adele, “Sax” di Fleur East, “Wish” degli Hurts, tutto l’album delle Little Mix, tutto “The Original High” di Adam Lambert e “If I Could Fly” degli One Direction;
LIBRI LETTI: non so il numero preciso, perché ho iniziato a contarli da agosto e da agosto al 31 dicembre sono stati 13. In tutto l’anno, quindi, penso una ventina;
LIBRI CHE HO PREFERITO: The Girl on the Train di Paula Hawkins e You di Caroline Kepnes;
FILM CHE MI SONO PIACIUTI: Jurassic World, Paper Towns, Despicable Me, Despicable Me 2 e Minions;
TELEFILM NUOVI CHE MI SONO PIACIUTI: Secrets & Lies, Unbreakable Kimmy Schmidt, The Royals, iZombie, Younger, unReal, Scream, Quantico, Chicago Med e Jessica Jones;
CITTÀ NUOVE VISITATE: Brighton;
CITTÀ CHE HO VISITATO DI NUOVO: Londra (3 volte);
MUSICAL VISTI: American Idiot a Londra;
CONCERTO PREFERITO: Blue al Roundhouse (Londra);
MOSTRA PREFERITA: Savage Beauty, Alexander McQueen (al Victoria&Albert di Londra);
OGGETTI PREFERITI: sicuramente il Life Planner di Erin Condren (che mi ha cambiato la vita), la stampante ZIP Polaroid che mi ha regalato mia sorella per Natale e il FitBit One.

Per il momento credo che sia tutto! Non mi resta che augurare a tutti un buon 2016!

A presto (e questa volta sarà presto sul serio!)
Poppy

Poppy cambia casa

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La prima reazione di tutte le persone che conosco e che scoprono che ho cambiato casa è la stessa: mi guardano con aria preoccupata e mi chiedono: “ma ti trovi bene?” soffermandosi un po’ troppo sulla ‘e’ finale di ‘bene’. E la mia risposta è sempre la stessa, tutte le volte: “perché non dovrei?” con un sopracciglio leggermente alzato.

Questa è la lista di alcuni dei motivi per cui mi trovo molto bene. Anzi, non mi sono mai trovata meglio in tutta la mia vita:

  1. Ho una camera da letto spaziosa, in cui ci stanno un letto a una piazza e mezza, una zona lettura con poltrona, una zona TV con poltrona e anche la zona ufficio con tutto il materiale per il mio negozio su Etsy;
  2. Mi sono spostata dalla periferia al centro e posso raggiungere a piedi tutto ciò di cui ho bisogno (supermercato, negozi, mercato, posta, banca e chi più ne ha, più ne metta) – abbastanza utile per me, che non ho mai voluto prendere la patente;
  3. Ho cambiato medico e ne ho trovato uno vicino a casa, molto bravo e con una serie di caratteristiche fondamentali: quando chiami per prendere appuntamento te lo dà il giorno stesso o al massimo il giorno dopo e quando arrivi nel suo studio non devi aspettare due/tre ore per entrare (quella che avevo prima mi dava appuntamenti dopo una settimana ed era perennemente in ritardo sugli appuntamenti di due o tre ore. E poi mi teneva nello studio almeno un’ora e mezza per parlarmi dei problemi di salute di tutti i miei parenti – alla faccia del segreto professionale – e ci teneva tantissimo a ricordarmi del modo in cui sono mancati i miei nonni);
  4. Ho due bagni al posto di uno – fondamentali per quando ci si deve preparare in due o tre;
  5. Quando porto fuori il cane (di giorno o di sera) non ho paura, perché c’è sempre gente grazie anche al bar che fa il karaoke durante il weekend e la pizzeria che ho sotto casa, che fa pizze così buone che verrebbe voglia di mangiarle ogni giorno;
  6. Essendo un appartamento vecchio, ci sono muri molto spessi e quindi: a) non si sentono rumori dei vicini (GRAZIE); e b) d’estate fa più fresco e d’inverno fa più caldo rispetto a dove stavo prima;
  7. La porta della mia camera è finalmente interamente di legno (nella vecchia casa avevano un odioso pannello di vetro in stile anni ’70) e quindi posso leggere o lavorare al computer anche fino alle tre del mattino, se mi gira, senza aver paura di disturbare nessuno;
  8. Potrei andare avanti all’infinito, ma mi fermo qui perché credo che abbiate capito.

Ristrutturare la casa e traslocare è stato lungo, faticoso e anche un po’ stressante (ed è anche gran parte del motivo per cui sono sparita, perché non avevo più tempo di fare nulla e non volevo scrivere del trasloco prima di essere effettivamente nella nuova casa), ma sono profondamente convinta che ne sia valsa la pena. No, non sono andata a vivere a Londra. Non ho nemmeno cambiato città, mi sono solo spostata di qualche chilometro, abbandonando l’appartamento in cui ho vissuto per ventisei anni in periferia per andare ad abitare nella casa appartenuta ai miei nonni materni nel centro della città.

In questo anno (dodici lunghissimi mesi di decisioni, lavori, polvere, muratori, idraulici, elettricisti, mobili e scatoloni) ho scoperto una serie di cose:

  1. Il 99% delle persone non ha voglia di lavorare. È un dato di fatto. Su tutti quelli che hanno lavorato alla mia casa, solo due avevano veramente voglia di fare il proprio lavoro ed erano anche molto bravi. Di certo non l’architetto (il progetto della casa alla fine l’ho dovuto fare io, che non ho studiato architettura, aiutata dal designer d’interni che mi ha aiutata con l’arredamento), oppure l’elettricista (che andava chiamato circa ottanta volte prima che si decidesse a passare a finire il lavoro) o l’idraulico (che ho chiamato il venerdì mattina per una perdita al WC appena installato  – colpa sua ovviamente – e mi ha consigliato di togliere l’acqua in casa, perché lui sarebbe venuto a vedere il lavoro il lunedì), o quelli dei pavimenti (che ci hanno messo circa due giorni per piastrellare un bagno e poi sono tornati dopo tre settimane a stuccare, dopo mille telefonate) o quelli dei serramenti (stendiamo un velo pietoso);
  2. Non fidarsi MAI dei consigli degli altri. Questa dovrebbe essere una regola, una legge o qualcosa del genere. E lo scrivo anche in maiuscolo, per non sbagliare: NON FIDATEVI MAI DEI CONSIGLI DEI VOSTRI AMICI O PARENTI. Io l’ho fatto. Non una, ma ben due volte.

    Mio zio mi ha consigliato il nome di un architetto, a suo dire era veramente brava, soprattutto nel design d’interni. L’architetto in questione mi ha fatto aspettare due mesi per portarmi tre progetti per adattare la struttura del vecchio appartamento dei miei nonni ai miei bisogni e due di questi progetti prevedevano l’abbattimento di alcune pareti maestre.
    Ora, non credo che ci voglia qualcuno che ha studiato architettura per capire che abbattere delle pareti maestre al secondo piano di un edificio piuttosto antico non sia esattamente l’idea migliore del secolo. Inoltre il suo concetto di design d’interni era di mettere in camera un letto, di utilizzare il pavimento per fare il comodino e basta.

    Il secondo consiglio non ricordo nemmeno da dove sia arrivato, probabilmente da qualche conoscente, che mi aveva assicurato che la ditta Tal dei Tali (ovviamente non è il nome vero) era la migliore nel campo dei serramenti, così mi sono rivolta a loro. E non l’avessi mai fatto. MAI.
    Avrei dovuto trasferirmi nella casa nuova a marzo/aprile, ma loro hanno ritardato così tanto con la consegna dei serramenti che ho dovuto far slittare anche tutto il resto (pavimenti, mobili, imbianchino, ecc.). Quando finalmente sono arrivati, dopo mesi di ritardo e continue litigate al telefono, hanno scoperto di aver preso la misura sbagliata di una finestra (quindi ho dovuto richiamare il muratore per far sistemare, perché loro avevano già preso una mazzetta e stavano distruggendo un pezzo di casa), hanno fatto i cassoni delle tapparelle più bassi di quanto avrebbero dovuto essere e uno dei lavoratori ha anche avuto la brillante idea di urinare nel piatto doccia del mio bagno e di coprire il misfatto con della plastica. E di questo se n’è accorta mia madre, che il giorno dopo è entrata, ha sentito un forte odore e ha scoperto quello che era successo. Inutile dire che ho svuotato nella doccia una bottiglia intera di Lysoform.

  3. Quando si fanno lavori si sa quando si comincia, ma non si sa quando si finisce. Dopo un inizio molto tremolante (grazie ai non-progetti dell’architetto), siamo riusciti a far partire i lavori il primo dicembre. Dicevano tutti che in un mese avremmo finito, che avremmo potuto trasferirci al massimo a marzo. No, non credete alle previsioni, perché non sono mai veritiere, specialmente se si sta ristrutturando un appartamento piuttosto vecchio. Ci saranno sempre delle sorprese, ci saranno sempre delle novità e dei cambiamenti e, soprattutto, ci sarà sempre qualcuno che farà ritardare tutti i lavori (vedi sopra). E marzo/aprile diventa agosto.

Abito qui esattamente da un mese e posso dire con certezza che non tornerei mai più indietro per nessun motivo al mondo. Quindi sì, cari amici e conoscenti, per rispondere alla vostra domanda: “mi trovo benissimo, grazie.”

Alla prossima!
Poppy Belle

Brighton

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Ah, Ah, Ah, Ah. No, non è qualcuno che canta Stayin’ Alive dei Bee Gees (e chiaramente non io, perché altrimenti vi si sarebbero già rotti gli schermi, gli altoparlanti e tutti i cristalli di casa), ma il suono di tutta la comunità di WordPress che ride di me, perché ho detto che avrei pubblicato due post a settimana (per tutte le settimane) e poi sono sparita. AH!

E se voi vedeste la mia agenda scoppiereste a ridere, perché sono settimane che ogni martedì e giovedì ho in programma di scrivere un post, ma poi trovo sempre un’ottima scusa per non farlo. “Ho lavorato tutto il giorno, non ho niente da scrivere”, o ancora “Ho scritto due capitoli della mia nuova storia oggi, penso di non voler più vedere una tastiera per le prossime dodici ore” o la migliore: “fa troppo caldo per scrivere”.

Ma voglio riprovarci, perché non sarei io se non continuassi a riprovare a fare qualcosa finché non ci riesco. Quindi ricominciamo. Giriamo la pagina, prendiamo un foglio bianco e iniziamo da capo.

Lo scorso weekend sono andata nella mia amata Inghilterra, questa volta non a Londra, ma a Brighton, nell’est Sussex. Non ci ero mai stata ed era sulla mia lista di posti da visitare da svariato tempo.

Brighton è una città di mare. Una città con abitanti tranquilli e rilassati, una città con turisti che passeggiano sul lungomare, giovani uomini e donne che partecipano a feste di addio al celibato e al nubilato, Londoners (e non) in fuga dalla città per un weekend (magari “dirty”), adolescenti in vacanza studio che fanno falò sulla spiaggia di sassi e gabbiani che rubano tramezzini.

Prima di partire qualcuno aveva detto a mia sorella che ci saremmo annoiate, perché Brighton è bella, ma è piccola e non c’è niente da fare. Ma evidentemente chi ha detto questa cosa non conosce nessuna delle due, perché se ci sono negozi e/o un centro commerciale, c’è sempre qualcosa da fare.

Ma non preoccupatevi, non ho passato tutto il mio tempo a fare shopping, ho anche visitato la città e me ne sono innamorata per i seguenti motivi:

1) È piccola e qualunque cosa tu voglia fare/vedere si può raggiungere a piedi;

2) C’è il mare. A me non piace stare in spiaggia a prendere il sole senza fare nulla, ma amo camminare sul lungomare e, soprattutto, adoro il rumore delle onde;

3) Si respira un’atmosfera super rilassata e gli abitanti sono pieni di tatuaggi, hanno capelli di colori improbabili e nessuno osa guardarli male o giudicarli (e, se lo fanno, sono turisti);

4) Ci sono tutti i miei negozi preferiti e si riesce a fare shopping in tutta calma, perché non c’è strapieno come a Londra. Per dirvi, sono riuscita a fare spesa da Primark senza essere assalita da un mucchio di vestiti buttati per terra o dalla signora delle pulizie con uno Swiffer lungo quanto tutta la mia camera da letto che raccoglie gli appendiabiti che sono stati abbandonati.

Se dovessi descriverla direi che è un mix perfetto tra Londra e San Francisco, con un pizzico di Las Vegas.

Ci sono tutti i ristoranti, le catene di negozi, lo stile di alcune case e (ovviamente) l’accento degli abitanti che mi fanno pensare a Londra. Poi ci sono lo stile dei residenti, le strade che vanno in salita , il mare e il fatto che ci sia una grande comunità gay che mi fanno pensare a San Francisco. E infine ci sono le “baraccate”, le sale giochi, le discoteche e i casino che mi fanno pensare un po’ a Las Vegas.

Tutto di Brighton è particolare, compreso l’hotel in cui sono stata durante il weekend: l’Artist Residence a Regency Square, esattamente di fronte al vecchio West Pier (o meglio, a quello che rimane dello ‘scheletro’ del West Pier) e al nuovo mostro architettonico che stanno costruendo sul mare, una torre da cui si potrà vedere il panorama a 360°.

L’hotel non ha una reception “tradizionale”, ma invece ti fanno accomodare a un tavolo lunghissimo e ti fanno check-in dal bancone del bar (lo stesso dove poi c’è la colazione dalle 7:30 del mattino). Lo stile dei mobili delle zone comuni (ci sono anche un’altra sala in cui si può mangiare, un altro bar molto frequentato di sera e una saletta comune dove è possibile anche giocare a giochi da tavolo come Scrabble o Monopoly) è industriale/hipster/chic e mi è piaciuto tantissimo. Invece le stanze hanno temi diversi e la mia era all’ultimo piano, con vista mare (beh… con vista impalcatura del mostro architettonico) e il tema era Edgar Allan Poe (c’era anche un quadro bellissimo, ma molto inquietante e se ci si metteva al lavabo del bagno, con le luci spente in camera, ma le lucine dello specchio accese… sembrava che ci fosse qualcuno nella stanza da letto).

Infine ecco la mia top 3 di Brighton:

1) Il lungomare con tutti i bar, i ristoranti e i negozietti di conchiglie (il West Pier è triste e un po’ inquietante, ma a me piacciono le cose abbandonate; l’altro Pier, quello con tutte le attrazioni, è molto carino, soprattutto di sera quando si vedono le lucine accese);

2) I giardini del Royal Pavilion;

3) Le vie piene di negozi e con bandierine appese ovunque.

Per oggi è tutto, spero di riuscire a seguire il mio piano almeno questa volta!

Alla prossima,

Poppy

Ordini su Etsy e intolleranza al lattosio

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Giovedì scorso ho ricevuto il primo ordine del negozio su Etsy. Non mi aspettavo che succedesse così in fretta, devo essere sincera. Avevo letto di persone che hanno aspettato un mese prima di ricevere il primo ordine, così mi ero messa il cuore in pace. Pensavo che “tanto lo faccio per passione, perché mi piace creare” e mi sono obbligata ad avere delle aspettative bassissime per non rimanerci male. Infatti non credevo nemmeno che avrei mai venduto qualcosa, quindi quando mi si è illuminato lo schermo del telefono, mentre stavo guardando Nashville, non riuscivo a crederci.

È stato interessante tutto il processo di vendita, dall’inizio alla fine. Ero curiosa di vedere il pannello degli ordini di Etsy ed è tutto chiaro e semplice. Avevo già un po’ di esperienza nelle vendite online, perché un paio d’anni fa ho lavorato in un ufficio e, per un paio di settimane, ho sostituito il collega che si occupava del negozio online e mi sono divertita tantissimo. Ricevere ordini, preparare i pacchi e spedire mi rendeva felice. Non importa se dovevo fare sessanta pacchi al giorno, continuare ad alzarmi, andare nel magazzino, tornare, sdraiarmi sul pavimento per impacchettare le cose enormi che non ci stavano sulla scrivania… tornavo a casa la sera, stanchissima e con la schiena dolorante, ma soddisfatta. Perché, in qualche modo, sapevo di aver fatto qualcosa che avrebbe reso felice chi, dopo qualche giorno, avrebbe ricevuto quello che aveva ordinato.

Con Etsy è stata la stessa cosa. Ho stampato e tagliato con cura gli adesivi che ha scelto la ragazza, li ho messi nella busta insieme a qualche regalo, il biglietto da visita e uno sconto per il prossimo ordine e poi sono andata in posta a spedire il tutto. Se già ero contenta prima della mia nuova avventura, adesso lo sono ancora di più.

Ieri, invece, sono andata a fare il breath test per l’intolleranza al lattosio. È stata un’esperienza lunga (mi hanno detto di andare al laboratorio alle 7:30 e sono uscita alle 11:00), ma per il resto il test non è stato invasivo o doloroso, perché ho dovuto solo soffiare in una cannuccia ogni trenta minuti (una volta prima e poi varie volte dopo aver bevuto del lattosio sciolto in acqua). Avrò i risultati martedì e finalmente scoprirò se sono intollerante proprio al lattosio o se devo estendere la mia ricerca e fare altri test.

Per concludere questo post, so di aver preso questa decisione già altre volte, ma voglio riprovarci, perché scrivere sul blog mi piace e mi rilassa, però devo trovare il sistema che funzioni meglio per me. Un post al giorno per un anno non va e l’abbiamo visto. Non funziona nemmeno un post ogni tanto, perché poi passa il tempo, mi abituo a non pubblicare più e poi mi viene “il blocco del blogger” (cioè fisso il foglio bianco per ore e mi sparisce dalla mente tutto quello a cui ho pensato fino a un secondo prima di aprire WordPress). Quindi credo che il compromesso migliore sia quello di fare due post alla settimana. Tutte le settimane. Su cosa non lo so, ma lo scopriremo, giusto?

Per il momento è tutto.

A presto,
Poppy

Ho aperto un negozio su Etsy

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etsyshop

Sì, l’ho fatto davvero. E dovreste anche provare a dire “negozio su Etsy” dieci volte velocemente, vi assicuro che poi dovrete sciogliere il nodo che ha formato la vostra lingua.

Ogni tanto torno sul blog e oggi lo faccio per farmi un po’ di sana auto-pubblicità, che non guasta mai. Era da tanto che quest’idea mi girava per la testa, ma questo weekend mi sono finalmente decisa e l’ho fatto. Ho aperto la mia attività e per il momento ci sono ancora pochi articoli, ma sto lavorando giorno e notte (sì, durante la notte mi vengono le idee migliori) da venerdì e sono davvero soddisfatta.

E adesso la domanda è: cosa vendi?

Adesivi, principalmente. Adesivi e materiale stampabile da inserire nella vostra agenda personale ad anelli.

Sono sempre stata una fan sfegatata della cancelleria e, per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscita ad abituarmi ad usare il calendario dello smartphone. Semplicemente non mi viene automatico. Così mi sono tenuta la mia bella agenda, old-school style, e continuo a scrivere tutti i miei appuntamenti (senza avere il terrore che per qualche strano motivo mi spariscano tutti gli impegni dal Cloud o qualche altra diavoleria del genere). E cos’è un’agenda senza adesivi? Beh, sì, rimane un’agenda chiaramente. Ma gli stickers sono ciò che la rendono più allegra, più vivace.

Non ne uso una quantità spropositata. Non trasformo il mio povero planner in un circo, ma ogni tanto mi piace avere qualcosa che rappresenti quello che devo fare, in modo che quando apro l’agenda vedo subito cosa devo fare.

Su Etsy ne vendono davvero tanti di adesivi. Il problema sono le spese di spedizione dall’America, che in certi casi sono abbastanza tosti. Così ho navigato per ore, ho scalato le montagne del web e ho finalmente scoperto come si fanno gli sticker, mi sono innamorata dell’idea, del procedimento e dell’aggeggio che si usa per farli ed è nato il mio negozio su Etsy.

Devo dire che è stato difficile scegliere un nome, ma alla fine mia sorella ed io (il negozio non è solo mio, siamo co-proprietarie) abbiamo concordato su “Stickers Gonna Stick“. È un nome divertente, un gioco di parole e soprattutto non ricorda “Shake It Off” di Taylor Swift. Non sto cantando “Stickers gonna stick, stick, stick, stick, stick” da due giorni. No, no.

Per il momento ci sono solo tre articoli: due set di adesivi meteo (uno normale e uno kawaii) e un template da inserire nelle agende ad anelli A5 (tipo Filofax, per intenderci), ma in programma ho una lista quasi infinita di cose da fare. Ho finito giusto due minuti fa il nuovo set di stickers che andrà in vendita stasera o nei prossimi giorni e sarà tutto dedicato alla bellezza. Sono asciugacapelli, pettini, forbici e smalti in 16 colori e sono perfetti per segnare gli appuntamenti da parrucchiere ed estetista.

In caso siate interessati a questo tipo di articoli, date un’occhiata al mio negozio: Stickers Gonna Stick su Etsy 🙂
Gli inserti per le agende sono disponibili per il download immediato (bisogna solo stamparli e tagliarli), mentre gli adesivi sono fisici, quindi ve li spedisco via posta. Spedisco in tutta Italia e tutto il mondo. 😉

/Fine shameless self-promotion.

A presto,
Poppy

Pretty Little Liars: chi è -A?

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Cinque anni fa ho iniziato a vedere Pretty Little Liars e ieri sera, dopo cinque lunghe stagioni, è stato rivelato chi è il misterioso -A che sta tormentando da tanto (troppo) tempo Alison, Aria, Emily, Hanna e Spencer.
Cioè, in realtà in America la puntata è andata in onda ieri sera, ma io l’ho vista adesso, quindi sono stranamente in ritardo rispetto a tutto il resto del mondo. 😀 😀

Se non avete visto il finale di stagione e non volete leggere spoiler, vi consiglio di terminare qui la lettura. Altrimenti cliccate su Continua a Leggere per il riassunto e le mie opinioni sull’episodio.

Avviso: è un post lunghissimo.

Continua a leggere

Catfish: menzogne online

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Qualche tempo fa avevo pubblicato un articolo in cui parlavo di Catfish, il reality di MTV che parla di false identità online. È da poco iniziata la nuova stagione in America e ad ogni episodio mi faccio le stesse domande: come mi comporterei al posto delle persone che sono state ingannate? Riuscirei a perdonarle?

Premetto che non penso che mi farei “fregare” per così tanto tempo, perché se una persona cominciasse a inventarsi ogni tipo di scusa per non fare una videochiamata o per incontrarsi, mi farebbe suonare tutti i campanelli d’allarme possibili e immaginabili e dopo un po’ mi passerebbe anche la voglia di sentirla e conoscerla. Capisco dopo pochi giorni, quando magari ci si conosce poco e non ci si fida al 100% l’uno dell’altro. Ma dopo un mese? Dopo un anno intero? C’è gente che porta avanti queste “relazioni” online per periodi di tempo lunghissimi e si fida dell’altra persona senza averla mai vista dal vivo (o in videochiamata). Si dicono di tutto, rivelano segreti che magari non hanno mai detto alle persone che conoscono realmente.

Io mi metto sempre nei panni della persona che è stata ingannata. E se dovesse succedere a me, cosa farei? Se cominciassi a provare dei sentimenti (d’amicizia o d’amore, non importa) per una persona e poi questa non fosse quella delle foto che mi ha mostrato e non si chiamasse nemmeno con il nome con cui l’ho conosciuta, come reagirei? Io non credo che la perdonerei, principalmente perché non sopporto le menzogne di nessun tipo. E mentire sulla propria identità è una cosa gravissima. Forse una delle più gravi in assoluto.
Okay, magari conosci una persona con una foto profilo che non ti rappresenta, ma perché poi non metti le cose in chiaro? Io lo farei.

Ho anch’io un’identità “falsa” (ovviamente Poppy Belle non è il mio vero nome) con vari profili online, principalmente perché non voglio che i miei conoscenti o colleghi (gli amici veri sanno tutto di me, anche questo) sappiano che scrivo fan fiction (e anche perché tramite il mondo della scrittura si conoscono tantissime persone con altrettanti nomi finti e foto profilo finte e, sinceramente, non mi va che tutti sappiano subito il mio nome e cognome. Va bene tutto, ma Internet è una giungla selvaggia e bisogna essere prudenti). Però mi è capitato di conoscere persone e di instaurare un rapporto di amicizia e di fiducia, di cominciare a scriverci su WhatsApp e cose del genere e a loro ho detto subito come mi chiamo e ci siamo anche scambiate delle foto.

Quindi non capisco proprio perché continuare a mentire. Probabilmente tante delle storie di Catfish sono inventate (bisogna prendere i reality show sempre con le pinze, perché il 99% delle volte di reality non c’è proprio nulla), ma di casi veri di false identità online ce ne sono tanti, troppi.

A volte basterebbe poco per proteggersi ed evitare di finire in situazioni del genere. Siamo nel 2015, la tecnologia permette di fare praticamente qualsiasi cosa. Penso che ci siano veramente poche persone ormai, soprattutto giovani, che non hanno uno smartphone o un computer con telecamera integrata. Non ci si può incontrare di persona perché la distanza è tanta e i biglietti del treno/aereo/quello-che-è costano troppo? Si può cominciare con una videochiamata. Almeno ci si comincia a vedere.
Poi è chiaro che le persone potrebbero mentire su ben altre cose e non sull’aspetto fisico, ma almeno quello è un passo avanti per instaurare un rapporto di fiducia.

Una delle mie più care amiche l’ho incontrata proprio su Internet e ormai ci conosciamo da nove anni e siamo anche andate in vacanza insieme, però ricordo che prima di riuscire a incontrarci abbiamo passato interi pomeriggi in videochat sul caro, vecchio MSN Messenger.

Insomma, il punto di questo post chilometrico è: bisogna stare attenti a chi si incontra. E non solo su Internet, perché a me è capitato che proprio una persona che ho conosciuto di persona si è rivelata essere quella più falsa.

A presto,
Poppy

Isola dei Famosi

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Non avevo mai seguito l’Isola dei Famosi. Principalmente perché non mi interessava come reality e anche perché ho sempre preferito dedicate le mie serate ad altro. Ma quest’anno ho cominciato a guardarla dalla prima puntata e qualcosa mi ha convinta a continuare a seguirla (nonostante sia uno dei reality più trash della TV italiana e abbia tante cose da ridire sul format – per esempio, perché durante le puntate del lunedì non si fa un po’ meno polemica/gossip e non si dà un po’ più spazio a quello che succede sull’Isola e a come si può sopravvivere? E perché deve durare così tanto ogni puntata? Non bastano un paio d’ore?) e mi ci sono anche appassionata, quindi ho pensato di fare un post con tutte le ragioni per cui io, sull’Isola, non resisterei:

  1. Non so nuotare. Quindi annegherei già nella prima puntata, quando ti fanno lanciare dall’elicottero. Ciao Isola, sono resistita esattamente 7 minuti (il tempo che serve per morire annegata).
  2. Non resisto senza mangiare. No, non è una cosa per dire. Di solito non riesco a stare per più di tot. ore senza mangiare, perché poi comincia a girarmi la testa e svengo.
  3. Ho la pelle delicata. Senza protezione solare (ma quella da bambini, eh), mi ustiono. Qualche anno fa, durante la mia vacanza in California/Messico, mi sono fatta un’ustione di secondo grado perché avevo dimenticato la crema.
  4. Ho paura dei ragni. E non mi piacciono molto nemmeno i serpenti. Cioè, se sono in una teca va tutto (quasi) bene, ma se sono liberi è un’altra cosa.
  5. Non sono molto atletica. Quindi farei perdere tutte le prove e mi nominerebbero dopo tre secondi (questo se ovviamente riuscissi a raggiungere la terraferma dopo il lancio dall’elicottero).

Questi erano i motivi principali, ma sono sicura che ce ne sono altri che adesso non mi vengono in mente. Però almeno un paio di lati positivi ci sono, dai. Potrei costruire capanne per tutti, sicuramente terrei l’Isola super pulita (posso diventare un po’ ossessiva quando si tratta di pulizia) e darei una mano a cucinare.

Concludendo, c’è un’ulteriore ragione per cui non potrei mai andare sull’Isola dei Famosi: non sono famosa, quindi non mi vorrebbero nemmeno.

A presto,
Poppy